Bologna, 14 gennaio 2014 – Condividiamo un’interessante lettura a proposito del mondo della traduzione e del valore che ha da sempre rivestito nell’annullare le distanze tra i popoli e le culture. Luciano Canfora, filologo classico, storico e saggista italiano, offre un’interessante riflessione sull’attività del tradurre nel suo articolo “Chi non traduce rinuncia a pensare” apparso nella rubrica del Corriere della Sera – Il Club della Lettura.
Canfora, riferendosi chiaramente alla traduzione classica, fa un’ottima fotografia ai traduttori di ogni epoca e ne fornisce un ritratto più che mai veritiero. Egli sostiene che la traduzione sia stata nel corso della storia “il motore principale del progresso civile” e nel tradurre scorge, a ragione, il più “autentico dialogo del genere umano”.
Lo storico si avvale di una serie di esempi illustri per spiegarci come tradurre sia anzitutto lo “sforzo di attrezzarsi a comprendere […] i nostri interlocutori” e prosegue spiegando con maestria dove si celi la difficoltà di questo mestiere: “nell’appropriarsi di un modo di pensare” che è proprio di un popolo “altro”, con il quale il traduttore deve annullare le distanze, di qualsiasi natura esse siano: filosofiche, di pensiero, geografiche. Nel “colmare i silenzi del testo” che sono accettabili presso una cultura e un popolo, il traduttore deve, infatti, ricreare una realtà, nella mente, nel mondo di coloro che parlano la lingua – o le lingue – nelle quali egli lavora.
Canfora offre inoltre un prezioso stralcio del saggio di Ortega, intitolato Miseria e splendore della traduzione, che riportiamo di seguito: “Non si può comprendere fino in fondo quella stupenda realtà che è il linguaggio – scriveva Ortega – se non si parte dalla consapevolezza che la lingua è fatta soprattutto di silenzi. Un essere che non fosse capace di rinunciare a dire molte cose sarebbe incapace di parlare. Ogni lingua è un’equazione diversa tra l’esprimersi e i silenzi. […] Ogni popolo tace alcune cose per poterne dire altre. Perché sarebbe impossibile dire tutto. Da questo deriva l’enorme difficoltà della traduzione: essa consiste nel dire in una lingua proprio ciò che l’altra tende a tacere. Ma allo stesso tempo si intravede quell’aspetto del tradurre che può costituire una magnifica impresa: la rivelazione dei mutui segreti che popoli ed epoche si nascondono reciprocamente.”
Lo sforzo di tradurre comporta capacità intuitiva e un continuo, impegnativo passaggio “dall’intuizione alla sintesi”. Come un abile sarto, il traduttore taglia, cuce e compone “su misura” pensando al gruppo destinatario del suo lavoro. Ecco l’impegno, eternamente provvisorio eppure tanto utile, di ogni bravo traduttore.
Ecco il link all’articolo di Canfora http://goo.gl/pjRU5K